Poco più di due milioni e mezzo di copie. Questa è la
diffusione nazionale di tutti i quotidiani (sia locali che nazionali) in
Italia. Praticamente nulla considerando tutti i potenziali lettori del nostro
Paese. I dati dell’Accertamento diffusione stampa (Ads) resi noti dalla
Federazione editori e ripresi in un editoriale da L’Opinione, mostrano ancora
una volta quanto sia grave la situazione dei giornali. A peggiorare la
situazione, però, è la crisi economica che riduce gli investimenti pubblicitari,
togliendo al settore la principale fonte di guadagno.
Nei dati si legge che i dieci giornali più venduti in Italia
in tutto non arrivano ai due milioni e trecentomila copie al giorno, che
arrivano a due milioni e mezzo aggiungendo le vendite dell’altra sessantina di
quotidiani nazionali e locali. Al primo posto c’è sempre lui, il Corriere della
Sera, diretto da Ferruccio de Bortoli, con 396.069 copie (306.828 vendute in
edicola, 82.294 in diversi canali e 6.947 abbonati); al secondo La Repubblica
di Ezio Mauro con 357.811 copie vendute (340.039 in edicola, cioè più del Corriere,
13.556 in diversi canali e 4.276 abbonati); al terzo posto c’è il Sole 24Ore, il giornale
economico della Confindustria ora diretto da Roberto Napoletano, che è arrivato
a vendere 250.556 copie. Calano le vendite anche per i quattro quotidiani
sportivi che insieme raggiungono le 619mila copie vendute al giorno, con un’ovvia
crescita il lunedì.
Le cause rimangono le stesse: un grave problema di
distribuzione (di cui avevamo già parlato in altri articoli), la scarsa
propensione agli abbonamenti a causa dei ritardi della posta e, aggiungo io, di
problemi condominiali, la percezione dei quotidiani come di oggetti vecchi e
pieni di articoli poco interessanti e comunque lontani dal linguaggio
contemporaneo. Si rafforza, insomma, la necessità di cambiare in un mondo in
cui internet ha modificato tutto. Se i bilanci non vanno in totale perdita
sembra dovuto solo ai ricavi che vengono dagli inserti, dai libri, dal web. I
quotidiani, penso sia chiaro, devono tornare a diventare mezzi d’informazione
utili e appetibili in un mondo dove le notizie non possono aspettare un giorno
per essere ricevute e gli approfondimenti non devono essere leggibili solo
dagli esperti del settore. Un nuovo modello è necessario, altrimenti la fine
dei giornali non diventerà solo inevitabile, ma anche necessaria.