La sintesi è da sempre considerata uno dei talenti
fondamentali di un vero giornalista: pochi concetti asciutti, frasi brevi,
andare dritto al sodo. Eppure la storia del reportage è piena di articoli
lunghi e articolati, dove spesso l’autore diviene protagonista, esprimendo in
prima persona i propri pensieri. Oggi le cose sono diverse e il giornalismo “lungo”
è un po’ in crisi, per lasciare spazio a nuove forme di racconto multimediali,
incrociando il testo con foto e video.
In
un interessante articolo pubblicato sul Columbia Journalism Review, il
giornalista Dean Starkman ha puntato il dito contro i grandi giornali americani
che hanno tagliato drasticamente lo spazio dedicato alle storie lunghe.
In un mondo in cui l’informazione viaggia veloce e le
notizie si consumano come panini al fast food ecco che gli articoli estesi non
portano attenzione ed entrate pubblicitarie. Meglio puntare su altro. Ma è
davvero un male o soltanto il sintomo dei tempi che cambiano? Un’evoluzione del
giornalismo è qualcosa di buono oppure la sua morte? Sono temi di grande
attualità a cui è ancora molto difficile dare una risposta concreta e lo
dimostra il grande dibattito scatenato dall’articolo.
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