lunedì 21 gennaio 2013

Quotidiani, vendite a picco, dov’è la salvezza?



Poco più di due milioni e mezzo di copie. Questa è la diffusione nazionale di tutti i quotidiani (sia locali che nazionali) in Italia. Praticamente nulla considerando tutti i potenziali lettori del nostro Paese. I dati dell’Accertamento diffusione stampa (Ads) resi noti dalla Federazione editori e ripresi in un editoriale da L’Opinione, mostrano ancora una volta quanto sia grave la situazione dei giornali. A peggiorare la situazione, però, è la crisi economica che riduce gli investimenti pubblicitari, togliendo al settore la principale fonte di guadagno. 

Nei dati si legge che i dieci giornali più venduti in Italia in tutto non arrivano ai due milioni e trecentomila copie al giorno, che arrivano a due milioni e mezzo aggiungendo le vendite dell’altra sessantina di quotidiani nazionali e locali. Al primo posto c’è sempre lui, il Corriere della Sera, diretto da Ferruccio de Bortoli, con 396.069 copie (306.828 vendute in edicola, 82.294 in diversi canali e 6.947 abbonati); al secondo La Repubblica di Ezio Mauro con 357.811 copie vendute (340.039 in edicola, cioè più del Corriere, 13.556 in diversi canali e 4.276 abbonati); al terzo posto c’è il Sole 24Ore, il giornale economico della Confindustria ora diretto da Roberto Napoletano, che è arrivato a vendere 250.556 copie. Calano le vendite anche per i quattro quotidiani sportivi che insieme raggiungono le 619mila copie vendute al giorno, con un’ovvia crescita il lunedì.

Le cause rimangono le stesse: un grave problema di distribuzione (di cui avevamo già parlato in altri articoli), la scarsa propensione agli abbonamenti a causa dei ritardi della posta e, aggiungo io, di problemi condominiali, la percezione dei quotidiani come di oggetti vecchi e pieni di articoli poco interessanti e comunque lontani dal linguaggio contemporaneo. Si rafforza, insomma, la necessità di cambiare in un mondo in cui internet ha modificato tutto. Se i bilanci non vanno in totale perdita sembra dovuto solo ai ricavi che vengono dagli inserti, dai libri, dal web. I quotidiani, penso sia chiaro, devono tornare a diventare mezzi d’informazione utili e appetibili in un mondo dove le notizie non possono aspettare un giorno per essere ricevute e gli approfondimenti non devono essere leggibili solo dagli esperti del settore. Un nuovo modello è necessario, altrimenti la fine dei giornali non diventerà solo inevitabile, ma anche necessaria.

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