Dal Festival di editoria di
Edimburgo si apprende, dalla voce della Touch Press, che il futuro del settore
è nella trasformazione degli e-book in prodotti multimediali sempre
più completi, in grado di mixare note e approfondimenti, immagini e video,
podcast e sonoro in un'unica esperienza immersiva.
L'idea, a ben vedere, è che si stia progressivamente affermando la figura dell'editor digitale, qualcuno che, in barba a correttori di bozze, esperti della grammatura della carta, delle lamine e dei rilievi, sa creare nuovi equilibri di testo, immagine e suono. E tutto grazie a una forte dose di buon gusto e a una certa inclinazione per le tecnologie di publishing e di content providing. Dal nostro punto di vista, crediamo che sia ormai ingenuo parlare di editoria digitale in sostituzione di quella tradizionale. Tutto si potrebbe risolvere, in verità, affermando l'assoluta eterogeneità dei due modelli, la diversità di due linguaggi che non devono combattere l'uno contro l'altro per affermarsi, quanto diventare strumenti complementari, che possono sostenersi vicendevolmente.
Prendiamo l'esempio dei primi anni Novanta. Cosa è un e-book, inteso nel senso multimediale, se non un progredito successore del cd-rom, in un periodo in cui queste singolari avventure virtuali di tipo storico, storico-artistico o musicale, avevano invaso edicole e librerie? In quell'epoca si producevano cd-rom su ogni cosa. Il nuovo e-book è un passo avanti, sia per l'avvento della rete, sia per l'imporsi di nuovi advices elettronici che hanno permesso il consolidarsi di una nuova fase nella smaterializzazione e interconnessione dei contenuti. Nonostante queste tante presunte rivoluzioni, libri, riviste e periodici continuano ad essere stampati. Forse perché, nonostante le variazioni sul tema, rappresentano un linguaggio da preservare e da difendere. Un linguaggio che si connette all'esperienza fisica, che è memoria e previsione allo stesso tempo tempo. Ricordate Ray Bradbury?
L'idea, a ben vedere, è che si stia progressivamente affermando la figura dell'editor digitale, qualcuno che, in barba a correttori di bozze, esperti della grammatura della carta, delle lamine e dei rilievi, sa creare nuovi equilibri di testo, immagine e suono. E tutto grazie a una forte dose di buon gusto e a una certa inclinazione per le tecnologie di publishing e di content providing. Dal nostro punto di vista, crediamo che sia ormai ingenuo parlare di editoria digitale in sostituzione di quella tradizionale. Tutto si potrebbe risolvere, in verità, affermando l'assoluta eterogeneità dei due modelli, la diversità di due linguaggi che non devono combattere l'uno contro l'altro per affermarsi, quanto diventare strumenti complementari, che possono sostenersi vicendevolmente.
Prendiamo l'esempio dei primi anni Novanta. Cosa è un e-book, inteso nel senso multimediale, se non un progredito successore del cd-rom, in un periodo in cui queste singolari avventure virtuali di tipo storico, storico-artistico o musicale, avevano invaso edicole e librerie? In quell'epoca si producevano cd-rom su ogni cosa. Il nuovo e-book è un passo avanti, sia per l'avvento della rete, sia per l'imporsi di nuovi advices elettronici che hanno permesso il consolidarsi di una nuova fase nella smaterializzazione e interconnessione dei contenuti. Nonostante queste tante presunte rivoluzioni, libri, riviste e periodici continuano ad essere stampati. Forse perché, nonostante le variazioni sul tema, rappresentano un linguaggio da preservare e da difendere. Un linguaggio che si connette all'esperienza fisica, che è memoria e previsione allo stesso tempo tempo. Ricordate Ray Bradbury?
Nessun commento:
Posta un commento