martedì 4 settembre 2012

Artribune e la strategia del territorio


Massimiliano Tonelli, tra i partecipanti al corso ReadTheSign, in programma dal 22 settembre, ci parla di come distribuire e comunicare un magazine tra i più seguiti del momento.

Non voglio dare per scontata la struttura del giornale, ma credo che ormai Artribune sia più che conosciuta. Quello che, però, è davvero interessante è l'azione in termini di copertura territoriale. Prima di tutto, cosa vuol dire per Artribune fare rete?

Significa non lasciare intentata qualsiasi possibilità di avere "agenti" sparsi sul territorio. Anche sui territori meno battuti. Significa stare attenti a non lasciare scoperta Genova, il Friuli. Significa avere due persone fisse in Polonia, una in Austria e così via. E' la necessità di avere una rete che è virtuale solo nei rapporti e nelle comunicazioni, ma che è assai reale e profonda, invece, nella presenza sui territori.

Più volte hai sostenuto che la forza di Artribune è nell'aver creato questo straordinario network. Ma, oltre all'ampia portata dal punto di vista degli articoli, è da sottolineare che Artribune si avvale di una strategia di comunicazione piuttosto aggressiva. Ce la racconti?

Ci teniamo molto e curiamo la comunicazione sotto i più vari punti di vista. Quando maneggiamo qualche scoop stiamo attenti a realizzare comunicati stampa ed a farlo sapere ai giornali perché per noi è importante, essendo una realtà neonata, essere citati e apparire sulla stampa. Abbiamo apparecchiato una campagna di comunicazione (tra l'altro a costo zero) molto efficace durante i mesi del nostro start-up. Comunicazione e supporto all'attività redazionale\giornalista è anche, per noi, l'utilizzo sapiente dei social network. Twitter e Facebook, ma anche Pinterest, YouTube, LinkedIn e Google+ sono degli strumenti per fare contenuti, ma anche e soprattutto per comunicare i contenuti che si realizzano. 

Comunicazione, fidelizzazione del target, profilazione dei servizi su cliente. Stiamo parlando di marketing. Dunque, alla base di Artribune c'è un business model che, in un certo senso, orienta ogni strategia di comunicazione. Perché è fondamentale questo tipo di atteggiamento in una community o in un qualsiasi altro prodotto editoriale?

Profilare i propri followers è allo stesso momento utile e difficile. E' difficile perché questo tipo di rilevazioni sono costose, onerose e si addicono più a realtà grandi e strutturate. E' utile perché una delle chiavi del successo di una realtà come la nostra è riuscire ad interessare gli inserzionisti extrasettore. Non dover dipendere, insomma, soltanto dalla pubblicità di musei, fondazioni e gallerie. Questo. 

Non contenti del successo della e-zine, avete deciso di produrre un cartaceo a tiratura mensile. La domanda, in che modo la carta puà arricchire o, meglio, essere complementare al formato elettronico?


Tutto sommato è semplice. Ed è e sarà la chiave della carta del futuro a mio avviso. Del suo senso e del suo ruolo. E della giustificazione e della legittimazione del servirsene ancora. Semplice, ripeto: occorre far fare alla carta ciò che l'html non può fare. L'infografica è una chiave: mappe, grafici, cartine e quant'altro. Su web sono impossibili e insensati, su carta diventano strategici e conferiscono grande interesse all'articolo. Poi può anche darsi che la carta scompaia quasi del tutto, non lo escludo, ma per intanto la si può e la si deve interpretare così: in maniera più artigianale possibile. Quelle riviste -e sono ancora tante- realizzate "buttando dentro" contenuti giustapponnedoli uno all'altro non hanno senso di stare su carta, fanno un lavoro che con minore spesa e maggior risultato potrebbe stare solo su web. Se si sta su carta occorre fare dei prodotti tailor made, fatti a mano, privi di automatismi, curati nei dettagli dal punto di vista contenutistico, editoriale, giornalistico. 


Il tasto dolente. Gli editori si lamentano della distribuzione. Il triangolo promoter (quando c'è), distributore, esercente commerciale (luogo fisico della distribuzione) ha messo in scacco più di un'impresa editoriale. Ci spieghi come funziona e qual è la ricetta vincente (magari omettendo l'ingrediente X, come la coca cola) di Artribune?

Artribune ha deciso di bypassare tutto ciò. Tutte le beghe distributive e logistiche del prodotto cartaceo: abbiamo scelto il freepress. Non si guadagna nulla con le vendite (ma chi è che oggi guadagna con le vendite, a parte Vanity Fair?), ma la libertà è enorme. La flessibilità totale. Mentre rispondo è agosto e il nostro numero estivo è stato inviato in molte località di villeggiatura in tutta Italia. Le abbiamo selezionate e abbiamo inviato il giornale in ristoranti, stabilimenti balneari, alberghi e gli esercenti lo hanno esposto e messo in distribuzione gratuita per i loro clienti. Il canale delle edicole, purtroppo, si sta rivelando la tomba per tutta una serie di realtà editoriali: noi ce ne siamo tenuti alla larga.

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