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Protesta dei giornalisti precari, fonte: giornalisticalabria.it |
Sfruttati e malpagati. Quando gli va bene, perché spesso i
giornalisti che collaborano con testate, radio e televisioni in Italia di soldi
non ne vedono proprio. Il nostro Paese è tra quelli in cui c’è meno
considerazione per i “lavoratori della mente”, le cui prestazioni sono
percepite come hobby e non come vero lavoro. Un discorso molto comodo per gli
editori che su questo guadagnano belle somme. Ora la situazione, però, può
cambiare perché è stata definitivamente approvata una legge molto importante,
quella sull’equo compenso. Può sembrare assurdo che ci sia bisogno di un
provvedimento del genere, eppure la situazione del mondo dell’editoria ne ha
reso necessaria e urgente la formulazione.
La legge denominata “Equo compenso nel settore
giornalistico” è “finalizzata a promuovere l’equità retributiva dei giornalisti
iscritti all’albo” che sono “titolari di un rapporto di lavoro non subordinato
in quotidiani e periodici, anche telematici, nelle agenzie di stampa e nelle
emittenti radiotelevisive”, si legge nel testo. “Per compenso equo si intende
la corresponsione di una remunerazione proporzionata alla quantità e alla
qualità del lavoro svolto” e per accertare quale sia questo compenso e chi ne
rispetta l’applicazione “è istituita, presso il Dipartimento per l’informazione
e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri, la Commissione per la
valutazione dell’equo compenso nel lavoro giornalistico”.
Questa Commissione provvederà a redigere un elenco delle
testate che garantiscono il rispetto di un equo compenso “dandone adeguata
pubblicità sui mezzi di comunicazione e sul sito internet del Dipartimento per
l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri”. Ogni
legge, però necessita di una adeguata sanzione, e perciò il non essere in
questo elenco “per un periodo superiore a sei mesi comporta la decadenza dal
contributo pubblico in favore dell'editoria, nonché da eventuali altri benefici
pubblici, fino alla successiva iscrizione” e si specifica quindi che “il patto
contenente condizioni contrattuali in violazione del compenso equo è nullo”.
Con questa legge “cade un muro, quello innalzato dalla gran
parte degli editori italiani, che si opponevano a considerare questa una realtà
del lavoro meritevole di giusti trattamenti economici e obblighi sociali'' ha
commentato Franco Siddi, segretario della Federazione nazionale della stampa
(Fnsi). ''La legge – ha sottolineato - non risolverà tutto, ma nessuna azienda
potrà più permettersi di ignorare che un freelance o giornalista collaboratore
chiamato a fornirgli servizi d'informazione (oggi spesso pagato entro i 5
cinque euro ad articolo) sia un lavoratore che dev'essere pagato il giusto e
immediatamente. Non si potrà più dire che si tratta di 'imprenditori di loro
stessi' per attuare volgari forme di sfruttamento''.
Anche il sottosegretario all'Editoria, Paolo Peluffo, ha espresso
''viva soddisfazione per l'approvazione di una legge attesa da tempo” che va “verso
quel bisogno di equità che attraversa un settore dove si sono diffuse pratiche
di precariato sottopagato” per raggiungere “una proporzione tra la
remunerazione e la quantità e qualità del lavoro non subordinato svolto dai
collaboratori di giornali, agenzie, quotidiani telematici, emittenti
radiotelevisive''. Una legge, ha concluso, che “rappresenta una novità
importante non solo nel nostro Paese ma nello scenario europeo perché sancisce
il valore economico e sociale dei lavoratori della conoscenza, in un momento di
totale trasformazione dell'editoria verso il digitale''.
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