martedì 4 dicembre 2012

Giornalismo precario, approvata la legge sull'equo compenso

Protesta dei giornalisti precari, fonte: giornalisticalabria.it

Sfruttati e malpagati. Quando gli va bene, perché spesso i giornalisti che collaborano con testate, radio e televisioni in Italia di soldi non ne vedono proprio. Il nostro Paese è tra quelli in cui c’è meno considerazione per i “lavoratori della mente”, le cui prestazioni sono percepite come hobby e non come vero lavoro. Un discorso molto comodo per gli editori che su questo guadagnano belle somme. Ora la situazione, però, può cambiare perché è stata definitivamente approvata una legge molto importante, quella sull’equo compenso. Può sembrare assurdo che ci sia bisogno di un provvedimento del genere, eppure la situazione del mondo dell’editoria ne ha reso necessaria e urgente la formulazione.

La legge denominata “Equo compenso nel settore giornalistico” è “finalizzata a promuovere l’equità retributiva dei giornalisti iscritti all’albo” che sono “titolari di un rapporto di lavoro non subordinato in quotidiani e periodici, anche telematici, nelle agenzie di stampa e nelle emittenti radiotelevisive”, si legge nel testo. “Per compenso equo si intende la corresponsione di una remunerazione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto” e per accertare quale sia questo compenso e chi ne rispetta l’applicazione “è istituita, presso il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri, la Commissione per la valutazione dell’equo compenso nel lavoro giornalistico”.

Questa Commissione provvederà a redigere un elenco delle testate che garantiscono il rispetto di un equo compenso “dandone adeguata pubblicità sui mezzi di comunicazione e sul sito internet del Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri”. Ogni legge, però necessita di una adeguata sanzione, e perciò il non essere in questo elenco “per un periodo superiore a sei mesi comporta la decadenza dal contributo pubblico in favore dell'editoria, nonché da eventuali altri benefici pubblici, fino alla successiva iscrizione” e si specifica quindi che “il patto contenente condizioni contrattuali in violazione del compenso equo è nullo”.

Con questa legge “cade un muro, quello innalzato dalla gran parte degli editori italiani, che si opponevano a considerare questa una realtà del lavoro meritevole di giusti trattamenti economici e obblighi sociali'' ha commentato Franco Siddi, segretario della Federazione nazionale della stampa (Fnsi). ''La legge – ha sottolineato - non risolverà tutto, ma nessuna azienda potrà più permettersi di ignorare che un freelance o giornalista collaboratore chiamato a fornirgli servizi d'informazione (oggi spesso pagato entro i 5 cinque euro ad articolo) sia un lavoratore che dev'essere pagato il giusto e immediatamente. Non si potrà più dire che si tratta di 'imprenditori di loro stessi' per attuare volgari forme di sfruttamento''.

Anche il sottosegretario all'Editoria, Paolo Peluffo, ha espresso ''viva soddisfazione per l'approvazione di una legge attesa da tempo” che va “verso quel bisogno di equità che attraversa un settore dove si sono diffuse pratiche di precariato sottopagato” per raggiungere “una proporzione tra la remunerazione e la quantità e qualità del lavoro non subordinato svolto dai collaboratori di giornali, agenzie, quotidiani telematici, emittenti radiotelevisive''. Una legge, ha concluso, che “rappresenta una novità importante non solo nel nostro Paese ma nello scenario europeo perché sancisce il valore economico e sociale dei lavoratori della conoscenza, in un momento di totale trasformazione dell'editoria verso il digitale''.






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