lunedì 29 ottobre 2012

Il problema della lingua: l’inglese ucciderà l’italiano?



L’italiano sta morendo. No, non sto di certo parlando del prototipo di uomo nazionale, donnaiolo, ladruncolo e attaccato alla mamma, ma della lingua. Basta guardarsi intorno: quell’idioma, soprattutto scritto, che hanno tentato di insegnarci a scuola sembra che non lo usi più nessuno. Non solo il web e i social network con loro modo di esprimersi sintetico e molto personale hanno plasmato il linguaggio in una forma più “rozza” ed efficace, ma la mancanza di abitudine nella scrittura e nella lettura di giornali, libri e riviste, ha privato della capacità di articolare testi complessi. Se questo, però, è un fenomeno di certo non nuovo, mi ha lasciato molto perplesso l’infiltrazione virale della lingua inglese in alcune riviste.   


Sfogliando XL, mensile di Repubblica dedicato alla musica e alla cultura giovane, mi sono trovato a leggere degli articoli zeppi di parole in inglese che non sono necessarie ad arricchire il testo, ma soltanto a renderlo più “cool” (tanto per giocare al loro gioco). Si tratta a volte di intercalari, come “of course” invece di “ovviamente”, oppure intere frasi, come citazioni o pezzi di canzoni, lasciati in lingua originale. Stiamo certo parlando di una rivista rivolta a un pubblico giovane, abituato ad ascoltare musica in inglese e che, si presume, questa lingua la padroneggi. Se questo ultimo punto è tutt’altro che vero (la maggior parte dei giovani italiani purtroppo ha una conoscenza dell’inglese molto rudimentale), sul primo si può essere d’accordo, ma allora perché non scrivere direttamente in inglese?  

Secondo il rapporto “La lingua italiana nell’era digitale”, condotto dall’Istituto di linguistica computazionale del Cnr di Pisa e ripreso in un recente articolo sul Corriere della Sera, o si investe o la lingua italiana su internet è destinata a svanire. Nel nostro Paese la penetrazione del web è del 51,7% e non è cresciuta di molto negli ultimi anni, mentre gli Stati emergenti galoppano veloci. Poche persone che scrivono e usano l’italiano significa meno peso della lingua sul web e quindi il rischio di cadere in disuso nel canale maggiormente utilizzato. Il problema non vale solo per l’Italia, ma per parecchie nazioni europee.

Questo fenomeno, in misura diversa, lo si può vedere anche nelle riviste, soprattutto del settore culturale. Sono moltissime quelle che hanno deciso di fare dell’inglese la propria lingua principale, relegando l’italiano in fondo o in sottotitoli striminziti, o eliminandolo del tutto. La ragione è ovvia: così ci si apre a un pubblico internazionale, molto più assetato di riviste di settore di quanto non lo sia quello italiano, che legge sempre meno. Insomma, i giornali chiudono per mancanze di risorse, le riviste diventano in inglese, lingua privilegiata anche dal web, l’aumento dell’utilizzo di questo idioma porta a vedere film in lingua originale e a leggere libri anglosassoni con le parole usate dall’autore. Dov’è lo spazio per l’italiano? Anche la strada gli è ormai negata: “Ti o semre amata” c’è scritto enorme sull’asfalto a Roma su viale Libia, senza l’H e senza una P. Una distrazione o analfabetismo di ritorno?

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